Undici metri. È questa la distanza che ha separato Leonardo Colucci ed il suo Pordenone da un’impresa senza eguali: eliminare la capolista dell’attuale Serie A agli ottavi di finale di coppa Italia, dopo aver terminato i 120 minuti sul punteggio di 0-0, in una partita condotta con grande attenzione e, soprattutto, con quel pizzico di sfrontatezza, senza il minimo timore reverenziale verso il ben più glorioso avversario.
Quella sfrontatezza che, Leonardo Colucci, ha sempre avuto sin dall’inizio della sua carriera da calciatore, quando vestiva la maglia della sua città, la maglia del Cerignola, dove dal 1989 al 1993, ha disputato ben 103 presenze condite da 12 marcature. Dopo una breve parentesi in quel di Siracusa, arriva il grande salto per il centrocampista ofantino: nel novembre del 1994, arriva la grande chiamata dalla massima serie italiana. Le prime sirene arrivano da Formello, quartier generale della Lazio, dove il giovane Leonardo (Colucci ndr) firma il suo primo contratto da professionista, esordendo con la maglia biancoceleste il 19 marzo del 1995, in un Lazio-Genoa terminata 4-0 per i locali. Dal giorno del suo esordio, infatti, parte il giro dello stivale, dove colleziona presenze e reti (non tantissime per la verità) nella stragrande maggioranza degli impianti italiani: Reggiana, Verona, Cagliari, Bologna, Cremonese e, infine, il ritorno al gialloblù con la maglia dei canarini del Modena. Ed è proprio con i modenesi che disputa la sua ultima partita da calciatore: era il 14 maggio 2011, quando gli emiliani persero per 3-0 a Varese.
La carriera d’allenatore parte subito dopo aver annunciato il suo ritiro dal calcio giocato. Il 4 giugno del 2011, infatti, viene chiamato come vice di Marco Giampaolo sulla panchina del Cesena. Dopo la breve esperienza a Cesena, viene chiamato alla guida degli Allievi nazionali del Bologna (dal 2012 al 2014), poi, nel biennio successivo, allena la primavera dei rossoblù, per poi passare, nel 2016, alla guida del suo primo team senior: la Reggiana, dove il 12 giugno 2016 firma un contratto annuale. Dura poco la sua parentesi in seno al sodalizio emiliano, esonerato dopo poco più di sette mesi alla guida dei granata. Il 2017 è l’anno del suo arrivo al Pordenone, squadra militante il girone A della serie C che, ha visto di recente, aumentare il suo bacino di utenza grazie alle imprese realizzate in Tim Cup. Dopo aver eliminato il Matelica, il Venezia ed il Lecce, i ramarri neroverdi sbancano addirittura la “Sardegna Arena” di Cagliari, imponendosi per 2-1 sui padroni di casa, guadagnando clamorosamente l’accesso agli ottavi di finale contro l’Inter, attuale capolista della Serie A.
Parte così la favola del team egregiamente guidato dal mister cerignolano: favola che vede il punto più alto proprio ieri nella “Scala del Calcio”. I neroverdi, incredibilmente, disputano un’ottima gara, alzando bandiera bianca soltanto nella lotteria dei calci di rigore, dopo aver tenuto botta per oltre 120 minuti al ben più blasonato avversario. Mentre il Pordenone si giocava l’accesso ai quarti di finale di coppa Italia, a Cerignola, invece, quasi tutta la città era con la testa rivolta al televisore, cercando di spingere il proprio concittadino verso un’impresa di dimensioni bibliche. L’allenatore dei friulani non ha di certo dimenticato la sua terra, come testimoniano le sue dichiarazioni nel post partita ai colleghi di RaiSport: “Ringrazio anche la mia Cerignola, che mi ha supportato. Oggi lì anche i tifosi dell’Inter hanno tifato per il Pordenone”.
Parole d’amore, a simboleggiare un rapporto sempre florido con la propria città. Dalla partita di ieri apprendiamo che hanno vinto tutti: l’Inter, il Pordenone, Colucci stesso, ma ha vinto anche Cerignola nel proprio piccolo. E chissà se, un giorno, il bravo Leonardo, non farà ritorno nella sua città, magari nei professionisti, sedendo sulla panchina dell’Audace Cerignola.
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