Una sconfitta che pesa, che fa male. Figlia se vogliamo dell'immobilismo societario. La sensazione è anche che fosse nell'aria: per la voglia di riscatto del Perugia, per il clima non proprio euforico che si respira intorno al Bari. Perché va bene il campionato comunque oltre le più rosee aspettative (non se l'aspettava davvero nessuno, forse nemmeno la società) ma la voglia di provarci, di non lasciare nulla di intentato non si è vista, almeno sin qui, sul mercato. Lavoro copioso in uscita - e sicuramente di esuberi da piazzare ce n'erano e ce ne sono - ma questo è andato considerando pure gli infortuni contro la squadra. C'è ancora qualche giorno per rimediare. Davvero non si può andare oltre la semplice salvezza?
Rimediare anche per non rompere il giocattolo, per non ammazzare l'entusiasmo. Perché i tredicimila spettatori di ieri - record negativo interno del campionato, soltanto un mese fa col Genoa erano in 48mila, e poco importa se in un festivo - sono un segnale da cogliere. E non dipende (solo) dai risultati, ma da una mancanza di fiducia al momento verso i progetti societari. Certo, movimenti così importanti non si stanno registrando neppure in Serie A, ma diversi club in B qualcosa hanno fatto per risalire la china, quantomeno nelle intenzioni. Il Bari no, o meglio non ancora. Per accorgersene basta dare un'occhiata a forum e piattaforme social per testare l'aria che tira. Quasi nessuno sembra prendersela contro la squadra. Anzi.
Alcune esternazioni in settimana non hanno aiutato, perché l'interpretazione dei tifosi è stata drastica: l'intenzione probabilmente era quella di fare un appello all'unità, ma questo è stato invece letto come una critica. Di sicuro c'è un dato di fatto, o meglio ce ne sono alcuni: nessun'altra società precedente, in Serie B, ha avuto un'apertura di credito ed una fiducia come quella ricevuta dai De Laurentiis in Serie B. I 30,40 o 50 mila in questa categoria si sono visti nelle ultimissime giornate, quelle decisive per il campionato o dove si aspettava solo il momento giusto per fare festa. Non a metà torneo. Dati del genere si sono visti, prima di questa stagione, solo in A. Tutto probabilmente condizionato dall'entusiasmo della neopromossa, che come fisiologico che sia sta pian piano scemando. E anche la squadra, le avversarie, hanno imparato a conoscerla meglio. La tifoseria ha dato sin qui più di quanto ricevuto, forse illudendosi. Ma al momento questo effetto trainante non è stato sfruttato.
Ieri è stata una brutta partita, forse la peggiore di tutto il campionato, ma non l'unica incolore. E dopo la gara d'andata a Venezia balza un dato all'occhio: i biancorossi da Ascoli in poi sarebbero solo quindicesimi. Tre sconfitte nelle ultime quattro gare e soprattutto due ko di fila Mignani non li aveva mai rimediati. Col Perugia, poi, una situazione di emergenza in attacco: appena tre convocati e disponibili in tutto. E, come se non bastasse, gli acciacchi a Maita. Ci si è messa di traverso anche la sfortuna. Il resto lo hanno fatto la bravura e l'esperienza di Castori. Sulle partite sporche ancora non ci siamo e questa è una realtà.
Se la piazza percepisse mancanza di credibilità verso il progetto sportivo il rischio è che lo stadio si svuoti ulteriormente. Psicologicamente è difficile che la piazza biancorossa possa accettare di competere solo per la salvezza e sono tanti i fattori che lo dimostrano. E tutti vorrebbero evitare il precedente della Salernitana. "Noi vogliamo un grande Bari" hanno cantato i tifosi a fine partita. Un segnale da cogliere, anche questo. Servono rinforzi.
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