“A Bari ho avuto la mia prima esperienza nel calcio al di fuori di Roma. E’ una città che amo, mi è rimasta nel cuore”. Cosi parlò Gaetano D’Agostino, ex centrocampista dei galletti dal 2001 al 2003. Proprio dalla Puglia è partita la sua scalata verso il calcio dei grandi: le esperienze con Roma (un ritorno), Udinese e Fiorentina, la maglia della nazionale e le coppe europee. Domenica il Bari riprenderà la sua marcia verso il professionismo ospitando in casa il Messina. Anche i siciliani hanno rappresentato una tappa importante per la sua carriera, non potrebbe essere altrimenti dopo uno storico 7° posto raggiunto in A nella stagione 2004/05. Ecco cosa l’attuale tecnico dell’Alessandria (ed ex Virtus Francavilla) ha raccontato ai microfoni di tuttocalciopuglia.com
Nell’estate del 2001 lei è rientrato nella famosa operazione di mercato che perfezionò uno scambio sull’asse Bari-Roma. D’Agostino in Puglia, Cassano nella capitale per 60 miliardi di vecchie lire. Ha mai sentito il peso di questa eredità calcistica?
“Conoscevo Antonio, ma non avevo le sue stesse caratteristiche. Io ero più un centrocampista offensivo, pertanto non mi è mai pesata la sua eredità. Purtroppo capitai in un momento non bello a livello di ambiente, i tifosi ce l’avevano con Matarrese. Io ho fortunatamente contato sulla stima di molti. Confesso che qui un giorno mi piacerebbe viverci, se non addirittura tornarci per allenare. Sarebbe un sogno. Ma intanto penso all’Alessandria, che è una realtà diversa rispetto al passato. La squadra adesso è giovane, ci sono under che vogliono crescere. E’ un progetto nuovo, ora siamo a metà classifica. Mi piace praticare un gioco propositivo, malgrado in C capiti talvolta di pagare dazio”.
Ha modo di seguire di tanto in tanto la Serie D? E le partite dei ragazzi di Cornacchini?
“Ci sono Bari, Avellino e Messina, l’attenzione è inevitabile. Su Youtube guardo spesso le partite dei biancorossi, in quasi tutti i gironi ci sono squadre che hanno blasone e storia. Inevitabile che aumenti soprattutto l’interesse generale. E poi capita spesso di vedere giocatori che potrebbero tranquillamente cimentarsi nei professionisti”.
Di questo Bari cosa ne pensa? E’ troppo forte per il girone I?
“Parliamo di una corazzata, una squadra costruita per vincere. Guai se non fosse cosi, a me poi fa impazzire molto Simeri. Lo volevo con me ad Alessandria. Per non parlare di Brienza, che è un tuttofare ed a livello umano merita tantissimo. Sono bravi soprattutto molti under. Piovanello ad esempio se cresce bene può fare una buonissima carriera”.
Cosa possono dare i De Laurentiis alla piazza pugliese?
“Normale parlare di un presidente top, il pubblico peraltro sta rispondendo alla grande. E’ una piazza importante e che ti dà tanto, quella di Bari. Credo ci siano progetti molto importanti dietro e ‘divertirsi’ in una piazza cosi non converrebbe affatto. Multiproprietà? Non saprei come potrebbe risolversi questa questione. Certo, vendere il Napoli sarebbe notevole, visto il livello raggiunto. In ogni caso credo che le intenzioni di portare i galletti su buoni livelli ci siano”.
Quali i ricordi più belli con la maglia biancorossa?
“Ho disputato una grande Coppa Italia, segnai contro l’Inter e fummo eliminati ai quarti di finale solo dalla Lazio. Quella era una squadra stellare, piena zeppa di campioni. E noi, che eravamo in B, ce la giocammo davvero alla pari. Fu incredibile uscire per un solo gol di differenza. Non dimentico inoltre l’esordio in B contro il Cittadella. Non ho ricordi negativi, qui io sono stato veramente bene. L’anno scorso ho avuto la fortuna di allenare in C il Francavilla ma, non appena possibile, sono passato da Bari ed ho avuto modo di incontrare tanti amici. Sono passati quasi vent’anni, ma i legami umani restano”.
Il Messina, invece, sta lottando per evitare la caduta in Eccellenza. Siamo agli antipodi rispetto ai galletti…
“Dispiace molto. A Messina io ci arrivai in Serie A, disputammo un grande campionato. Arrivammo settimi, ancora oggi con la tifoseria conservo un rapporto speciale. Poi il presidente dell’epoca decise di ridimensionare tutto. Peccato, demmo molto filo da torcere, ma non c’era un progetto e mancava programmazione. Lì mi sono sentito un re, peccato che tutto sia durato poco. Il giocattolo si ruppe”.
Che idea si è fatto, infine, sul sistema calcio? Tra i fallimenti di questa estate e le difficoltà di alcuni club di C anche quest’anno non mancano gli argomenti spinosi da affrontare…
“Basta solo rispettare le regole. Poche, mirate. E chi non le rispetta deve restare escluso. Bisogna essere chiari e rigidi, mettere in evidenza determinati paletti per società, dirigenti e calciatori. Anche quest’anno stiamo assistendo alle difficoltà di diverse società come Pro Piacenza, Lucchese, Matera o Reggina. Dispiace. Ma ci sono anche realtà di Serie D che magari sono più solide ma non riescono a salire. Per non parlare dei tanti rinvii e l’inizio di campionato posticipato. Ci sono squadre che hanno ancora tante partite da recuperare, ma vanno considerati anche eventuali infortuni o squalifiche. Noi per esempio abbiamo fatto anche 70 giorni di ritiro”.
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